Fidenza

Fidenza
S. Francesco d'Assisi
PARR. AFFIDATA AI RELIGIOSI
0524 522035
0524 525766
parrocchia@sanfrancescofidenza.it
Viale S. Francesco, 7, 43036 Fidenza
Fidenza
43036
Emilia-Romagna
Italia

Festa patronale: S. Francesco d’Assisi, 4 ottobre.

Feste di devozione: S. Rita da Cascia, 22 maggio (sagra tradizionale); S. Cuore di Gesù, il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini; Madonna del Carmine, 16 luglio; S. Chiara, 12 agosto; S. Ludovico, 19 agosto.

Edifici sacri: Chiesa parrocchiale, romanico-moderna (1883/84), è parte di un convento ed è affidata ad una comunità di Frati Minori Cappuccini, tra i quali il parroco viene presentato dal ministro provinciale dell’Ordine e nominato dal vescovo diocesano.

STORIA

Le prime notizie sulla comunità fidentina del Cappuccini risalgono al 1573, allorché questi religiosi vennero a Fidenza da Bologna, chiamati dalla devozione del popolo. In quel tempo lontano furono ospitati in un fabbricato attiguo all’oratorio di S. Maria della Rocca, atterrato sulla fine dell’Ottocento. L’atto di concessione, da parte dell’autorità ecclesiastica, fu steso dal notaio Cristoforo Arcari il 21 ottobre 1573 ed i Cappuccini, adattato il modesto edificio a convento, vi si stabilirono l’8 novembre successivo. Nella cronistoria del convento si afferma invece che “i religiosi ebbero per primo loro ospizio l’Ospitale di S. Maria de’ Disciplinati fino a tanto che fu fabbricato un convento attiguo ad una chiesa detta di S. Maria della Rocca, alias della Pusteria, e fu perfezionato l’anno prossimo 1574 dove dimorarono sino all’anno 1585”. La scelta della località non si rivelò felice perché nelle adiacenze del chiostro sorgeva l’antica Rocca, demolita nell’anno 1954, e la quiete, elemento indispensabile alla vita monastica, era compromessa dal frastuono provocato dai soldati. Si rendeva necessario porre rimedio al grave inconveniente; i religiosi decisero pertanto di trasferirsi altrove e con l’aiuto della popolazione si stabilirono nel punto opposto della città, pressappoco dove ora sorge il monumento ai caduti nel Parco delle Rimembranze. Là, acquistato un appezzamento di terreno, essi gettarono, il 15 dicembre 1582, le fondamenta di una nuova chiesa dedicata a tutti i Santi, e di un attiguo convento. Solenne fu, il 6 febbraio del seguente anno, la cerimonia di possesso canonico: i Cappuccini furono accompagnati nella nuova residenza dal clero cittadino, dagli iscritti ai vari pii sodalizi e dal popolo accorso numerosissimo. Mons. Baldassarre Marri, vicario generale del vescovo Alfonso Pozzi, benedisse il chiostro: quanto alla chiesa, essa fu consacrata il 5 ottobre 1589 da mons. Filippo Sega, vescovo di Piacenza. Dalla chiara grafia dei monaci amanuensi – quale appare dai documenti d’archivio – si rilevano i principali avvenimenti che contrassegnarono il lungo periodo trascorso quietamente dai Cappuccini nell’esplicazione del loro ministero tra la popolazione fidentina: cerimonie religiose, processioni, predicazioni, assistenza spirituale agli infermi ed ai vecchi accolti nell’ospedale civile e nel ricovero di mendicità; assistenza anche materiale alle vittime delle epidemie di peste e colera che imperversarono nella città. Accanto a ciò la testimonianza viva della fede e pietà del popolo nel contribuire al decoro della chiesa con cospicue offerte e munifici doni. Nel 1665 il monastero fu restaurato ed ampliato “a cagione del gran passaggio di forestieri” e generose persone fecero fronte all’ingente spesa. Contemporaneamente il duca regnante Ranuzio II Farnese donò ai Cappuccini un lotto di terreno attiguo al convento, che i frati utilizzarono come orto. Altri benefattori sovvennero, in seguito, alle necessità dei religiosi ed a quelle accresciute del monastero. Si giunse così al 20 ottobre 1679, allorché si divise in due l’antica Provincia dei Cappuccini di Bologna, formandosi la Provincia nuova di Lombardia, dove sta il suddetto convento di Borgo S. Donnino. Il giorno venne definito veramente infausto. Ma ben più infausto doveva rivelarsi il 24 luglio 1805, data la soppressione degli ordini religiosi disposta da Napoleone, che coinvolse anche i Cappuccini di Fidenza, i quali il 9 dicembre 1816, dopo tenace resistenza, furono costretti ad abbandonare convento e chiesa. Ancora una volta, però, il cuore della popolazione appianò ogni cosa ed un’accorata istanza a Maria Luigia granduchessa di Parma fu benevolmente accolta dalla sovrana, che con decreto 15 dicembre dello stesso 1816 ristabilì i religiosi nel possesso del convento. Questo, nel frattempo incamerato, fu restituito nel gennaio successivo. Nel 1855 i Cappuccini rinunciarono al servizio sia religioso che assistenziale nel ricovero di mendicità per gravi motivi, peraltro non precisati, ma lo riassunsero nel 1859 per le insistenze dell’autorità civile. I due religiosi addetti all’istituto con la qualifica di cappellani ricevettero anzi a quel tempo l’incarico stabilmente, retribuiti con l’onorario di 1.200 lire l’anno. Nel 1869, tuttavia, l’assistenza sia al ricovero che all’ospedale fu affidata definitivamente al clero secolare. Tre anni prima, infatti, le leggi eversive incameratrici del patrimonio ecclesiastico avevano colpito i religiosi senza possibilità di rimedio. Il convento ed il terreno annesso passarono in proprietà del demanio dello Stato e solo si ottenne che la chiesa rimanesse aperta al culto pubblico; ma il Municipio, cui era stata attribuita la facoltà di decidere in merito, dispose in seguito per la chiusura del sacro edificio. Cacciati dal chiostro, i Cappuccini trovarono ospitalità chi nel ricovero, chi nell’ospedale, chi presso sacerdoti, amici e benefattori. “Né qui fa d’uopo – si legge nella cronistoria in dotazione del convento – narrare la confusione che regnò negli ultimi mesi del 1866, le amarezze, le pene, la desolazione, le ambasce, i timori e le minacce a cui furono sottoposti i religiosi”. Il padre guardiano, Fedele da Illica, morì di crepacuore; il suo successore, Gian Grisostomo da Rovida, si dette coraggiosamente da fare, ma inutilmente, per riottenere il convento e porre termine ad una situazione di estremo disagio. Poi la bufera si placò e gli sforzi dei Cappuccini furono tesi alla ricerca di una nuova sistemazione. Esaminate varie possibilità, la loro attenzione, rivolta in un primo tempo all’oratorio della Zappella, finì con l’orientarsi verso un altro oratorio, quello detto del Pilastro, e nelle vicinanze di esso acquistarono un piccolo edificio. Questo si rivelò tuttavia infelicissimo, perché circoscritto fra altri fabbricati; nondimeno i religiosi vi rimasero tre anni, dal 1872 al 1875. Successivamente, con i proventi di una pubblica sottoscrizione, essi acquistarono un beneficio annesso all’oratorio della B.V. del Carmine, comunemente detto della Crocetta perché nella località sopra cui sorgeva erano stati sepolti gli appestati di manzoniana memoria e la cappella, che per circostanza la popolazione aveva fatto erigere, recava sulla sommità una croce di ferro. L’oratorio, dichiarato vescovile da mons. Severino Antonio Missini con decreto 6 settembre 1738, apparteneva all’ordinario diocesano, il quale lo cedette ai religiosi ponendo la sola condizione che il Collegio dei parroci urbani, cui il sacro edificio era stato affidato dal vescovo P.G. Basetti con decreto 23 aprile 1849, potesse intervenirvi per la novena e festa della B.V. del Carmine. Vi era annessa una casa, che i frati occuparono il 2 agosto 1876. Si trattò di una sistemazione provvisoria ed, infatti, nella primavera di quell’anno i Cappuccini avevano dato l’avvio ai lavori per la costruzione di un nuovo convento, l’attuale, che si protrassero sino al luglio 1880. In seguito, servendosi dell’eredità disposta a loro favore da P. Ignazio Dall’Olio di San Secondo, curarono anche l’erezione di una chiesa decorosa che più degnamente sostituisse l’oratorio della Crocetta, cadente ed inadeguato. Mons. Vincenzo Manicardi, vescovo d’allora, intervenne il 15 aprile 1883 alla cerimonia di posa e benedizione della prima pietra e con decreto del 9 maggio seguente ordinò la demolizione del vecchio oratorio ed il trasferimento dell’immagine in marmo della B.V. del Carmine in una cappella della nuova chiesa dei Cappuccini. Superati i tempi difficili della persecuzione napoleonica e quelli del laicismo anticlericale, trovata una sistemazione soddisfacente e definitiva, i Cappuccini continuarono a svolgere la loro opera di bene tra la popolazione fidentina e di fraterna collaborazione al clero nell’apostolato. L’erezione in parrocchia della chiesa dei Cappuccini ebbe a fattore determinante l’espansione della città verificatasi dal dopoguerra 1940-45 nel quartiere S. Francesco, che nel 1973 contava 1500 abitanti con la prospettiva immediata di nuovi ed ampi insediamenti urbani. Il problema della ristrutturazione pastorale nella zona dei Cappuccini e nell’altra che ospita il quartiere Luce era stato da tempo preso in esame dal Consiglio Presbiterale, che lo portò a soluzione nella seduta del 30 giugno 1973 con un pronunciamento nettamente favorevole all’erezione dell’ottava parrocchia cittadina, intitolata a S. Francesco d’Assisi ed affidata per la cura d’anime alla stessa comunità dei Cappuccini. Il decreto vescovile di erezione di questa parrocchia reca la data del 7 luglio 1973.