L’Interno
L’interno della Cattedrale, spoglio e severo, si presenta diviso in tre navate, separate fra loro da robusti pilastri a fascio che si alternano ad altri più leggeri, sormontati da capitelli cubici. La bottega antelamica utilizzò le antiche pilastrate, tentando con successo una delle più ardite esperienze della nuova architettura: innalzò l’alta volta gotica appoggiandola sui pilastri estremi della campata, arrestando però la portata del pilastro di mezzo. Ne scaturisce un’ardita verticalità di un effetto di mistica elevazione e di raccoglimento.
Le pareti sono movimentate da un lungo loggiato-matroneo di bell’effetto, adorno di eleganti quadrifore.
La lunghezza interna del Duomo è di m. 56, quella delle tre navate di m. 22,80, mentre l’altezza varia dai 24 ai 26 metri.
Da segnalare, nello strombo dell’arcone del portale sud, un lacerto di affresco del XVI secolo, che fa parte dell’antica decorazione pittorica del Duomo e raffigura San Giovanni Battista. Su un fondo bruno, con una cornice verde, bianca e rossa, della figura del santo si vede ormai soltanto il busto. Il viso barbuto è incorniciato da lunghi capelli cadenti fino alle spalle, arruffati attorno alla testa formando una sorta di riccioli raggianti, evidenziati dall’aureola gialla bordata di rosso. Vestito di un mantello con pelo animale, ha il braccio sinistro abbassato, mentre tiene il destro alzato e rivolge al cielo il dito indice, in senso affermativo.
Lungo le navate laterali si aprono le cappelle cinquecentesche.
La Navata di destra
Prima di descrivere le cappelle della navata di destra, meritano uno sguardo l’ affresco della Vergine e Bambino (sec. XV) sulla facciata interna del primo pilastro e il basserilievo antelamico Cristo Giudice (B. Antelami, sec. XIII) inserito nella caratteristica “mandorla” indicante la divinità, sopra il capitello del primo pilastro. Sotto il Cristo, figure di angeli ribelli che vengono cacciati all’Inferno; a sinistra con la croce in mano, la figura dell’Arcangelo Michele.
La cappella della crocifissione
La prima cappella è caratterizzata da una pala d’altare costituita da un affresco con la Crocifissione di ignoto del sec. XVI; si tratta di una discreta opera di pittura affresco. Migliore di essa appare, nel medaglione in alto, la Madonna Assunta, di ignoto del sec. XVI, di ispirazione parmense, dai bei colori e dalla valida espressione.
La cappella di San Francesco con le stigmate
Bell’altare barocco con paliotto dipinto anch’esso barocco, a motivi floreali, con al centro la figura di San Francesco.
Nell’ancona lignea intagliata con buona maestria, una tela ad olio, appunto il San Francesco che riceve le stigmate del 1605 di Andrea Mainardi detto il Chiaveghino.
Il Santo vi è raffigurato in ginocchio, rivestito del saio da lui voluto per i suoi frati, le braccia aperte a croce in atteggiamento di fiducioso abbandono in Dio, le mani ed il costato segnati dalle stigmate, il viso radiosamente rivolto al cielo in un rapimento estatico. Accanto a San Francesco, seduto in terra, un confratello che con la mano destra indica il cielo, mentre tiene la sinistra appoggiata su un libro aperto, molto probabilmente la Regola Francescana.
Lo sfondo è rappresentato da un grosso albero e da una fuga di montagne color azzurro pallido, secondo uno schema caratteristico della pittura cremonese del tempo, che per questi sfondi si ispirava particolarmente ai fiamminghi.
La cappella Sant’Andrea di Avellino
Realizzata nel 1577 per conto e a spese di un tal Antonio Malagatti, fu dedicata in origine a San Pietro in Vincoli, quindi a Sant’Andrea Avellino, che vi è raffigurato nella pala d’altare di G. B. Tagliasacchi (olio su tela, 1731), qui posta per volere del Comune di Fidenza, proprietario un tempo della Cappella (come testimonia lo stemma nella cappella stessa).
L’opera raffigura la morte di Sant’Andrea Avellino. Il Santo, colpito da apoplessia davanti all’altare all’inizio della celebrazione della Messa, si sta accasciando, ancora rivestito dei paramenti, sorretto da un chierico e da un angelo. Tutta la scena è pervasa da un forte lirismo e da una densa carica di spiritualità, espressi anche dalla tonalità moderata dei colori e dalla pacatezza dei personaggi.
La cappella della Ferrata
Detta della Ferrata, pare per la famiglia che ne curò l’erezione, fu costruita nel 1513 da Bernardo Boccoli, cremonese. La cappella è coronata da una cupoletta ottagonale, ornata di fregi dipinti con fiori e putti. Nei pennacchi della volta, entro medaglioni, quattro affreschi di buona fattura con le figure degli evangelisti. Nella lunetta della parete frontale, sopra il cornicione, affresco con la Vergine e il Bambino. Il recente restauro della cappella (2019) ha fatto riemergere, nella lunetta di sinistra, un affresco di una donna gravida di autore anonimo realizzata tra la fine del 500 e l’inizio del 600.
La cappella ospita l’Arca di San Donnino del 1488 con delicati pannelli raffiguranti scene della vita e della morte del martire. Costituita da sei pannelli verticali scolpiti a rilievo con scene del martirio del patrono, inseriti fra lesene con candelabre e capitelli mistilinei, è coperta da una cimasa trapezoidale decorata a riquadri a motivi fitomorfi, in cima alla quale si trova la statua tutto tondo di S. Donnino, per la prima volta rappresentato in abiti di soldato romano. I sostegni terminanti a zampa di leone posti sotto la base del manufatto sono stati realizzati in occasione del restauro del XX secolo. Un frammento della Cronaca del Brioschi, conservato nel fondo Pincolini presso l’archivio di Stato di Parma, attesta che il manufatto – pagato dagli abitanti di Borgo San Donnino – fu collocato dietro l’altare del Santo il 7 febbraio 1488 e al suo interno furono posti i frammenti della cassettina di marmo del 1207 (inv. n. M1) “con alcune reliquie del santo” che vi erano contenute (inv. R286), dove è rimasta sino al 1853, tinta di color noce per uniformarla agli altri arredi esistenti nella cripta. Fu rimessa dietro il nuovo altare e in seguito collocata sopra il sarcofago romano, ritrovato con le reliquie del santo nel 1883 (inv. n. M6) e spostato nel 1982 nella cappella destra della cripta, costruita sotto il campanile della Cattedrale nel 1853. L’arca è stata traslata dalla Cripta alla Cappella della Ferrata nel 2018.
Affresco gotico con busto di Santa
Di fronte alla Cappella della Ferrata, sulla semicolonna ovest che sorregge l’arcone fra la navata destra e quella centrale, vi è un piccolo affresco del XIV sec. che raffigura un Busto di Santa non meglio identificata, rivolto a sinistra. Si può decifrare lo stile gotico dalla posa del capo velato, dall’aureola e dalla scollatura dell’abito.
La cappella “dei Vallari”
La navata di destra termina nella cappella della Madonna del Carmine o “dei Vallari”, antica famiglia locale che la fece costruire nel 1349. Sul lato sinistro della Cappella, ai fianchi di una monofora romanica che si affaccia sulla cripta, tracce di alcuni affreschi votivi della fine del XII secolo, fra i quali la prima immagine dipinta conosciuta di San Donnino martire. La balaustra e l’altare neogotici in marmo di Carrara sono stati realizzati nel 1893 da Antonio Leoni di Parma, su disegno dell’ingegnere modenese Carlo Barberi. Nella nicchia è collocata la Madonna del Carmelo, bella statua lignea del XVIII secolo, attribuita a Jean Harmansz Geernaert (Bruges 1704 – Piacenza 1777). Nella cappella trova collocazione la scultura lignea policroma del XVI secolo raffigurante San Donnino Martire.
La Navata centrale e il Presbiterio
Percorrendo la navata centrale si giunge all’ambone e alla cattedra del Vescovo – da cui il nome Cattedrale. Salendo lo scalone centrale si giunge al presbiterio in cui si trovano l’altare e un coro ligneo. Di grande pregio è l’abside del presbiterio, vero gioiello del romanico per la struttura e il rigore monumentale. Certamente di scuola antelamica, il catino è dominato da una bella serie di costoloni in pietra; nelle vele di volta da essi originate, al centro il Cristo benedicente seduto in trono; ai lati i simboli degli Evangelisti, seguiti a destra a sinistra da figure di Angeli volte verso il Cristo. Nella parte inferiore, da destra, tra le colonnine, sostenute da telamoni alternati a figure della Vergine, San Giuseppe, Angeli, una tempera del XIII secolo rappresentante al centro il Cristo Giudice, ai cui lati stanno le scene del Giudizio finale. Nel pannello a sinistra due angeli si librano nel cielo, uno con le mani velate portanti la croce, l’altro mentre suona la tromba del giudizio; sotto i defunti escono nudi dai sepolcri. Alla sinistra estrema, la figura di San Francesco. Nel pannello a destra, un altro angelo con le mani velate porta altri simboli della passione; sotto l’angelo con la spada e in basso i morti che escono dai sepolcri. Sotto il Cristo Giudice era dipinto un altro pannello di cui resta soltanto la parte sommitale con il volto di un giovane santo. Il pregio artistico dell’opera non è rilevante, tuttavia essa esprime una forte carica di religiosità popolare e pone in risalto la centralità di Cristo nella vita cristiana del tempo.
La Navata di sinistra
All’inizio della navata sinistra, negli angoli del cornicione in pietra scolpita del XII secolo che sorregge l’arcone dell’ingresso nord della facciata, sono scolpiti due personaggi capovolti che suonano l’olifante – Suonatori d’olifante – e reggono una mazza posata ai piedi. Rimasti sinora senza una precisa interpretazione, richiamano forse un tema apocalittico.
La prima cappella o cappella con fonte battesimale
Il fonte battesimale – in marmo bianco scolpito, di bottega carrarese (1513) – è collocato al centro della cappella, appoggiato a pavimento, mentre sulla parete frontale un dipinto – olio su tela – probabilmente di G.B. Eppi, del secolo XVI, raffigura il Battesimo di Gesù. Gesù è rappresentato immerso nell’acqua del fiume Giordano fin quasi al ginocchio. Sul corpo nudo un mantello rosso imposto da un angelo, alla sua destra, in lunga veste chiara. Alla sua sinistra il Battista in piedi, vestito di pelle di cammello, in atto di versare acqua sul capo di Gesù con una conchiglia. Dietro il Battista, due angeli, di cui uno regge una croce di canna con la scritta Ecce Agnus Dei. In alto a sinistra la colomba dello Spirito Santo fra due cherubini invia il raggio di grazia verso Gesù.
La cappella della natività
Il dipinto – tratto da una incisione di Cornelius Cort (1533-1578) su disegno del pittore senese Marco Pino (1521-1583) – rappresenta in primo piano la classica scena della natività di Gesù, con il contorno di pastori adoranti e di angeli in gloria, con sullo sfondo ruderi architettonici ed una città murata. Si tratta di un olio su tela del XVI sec. appunto proveniente dalla Chiesa dei SS. Faustino e Giovita di Fidenza.
La cappella dell’Immacolata
Un’ancona neoclassica di stucco color verde opera di uno svizzero di nome Rusche, conserva un bel dipinto di Biagio Martini, dedicato a L’Immacolata. Olio su tela, eseguito nel 1803, su commissione del Vescovo Mons. Alessandro Garimberti. La Vergine è rappresentata seduta sulle nubi, le mani sul petto, il viso rivolto al cielo. In basso si notano San Francesco di Sales, seduto a sinistra sopra un faldistorio, con in mano una penna d’oca; al suo fianco un angelo. A destra, in ginocchio, San Luigi Gonzaga. La scena è completata da due putti seduti per terra e da altri due che si affacciano dalle nubi.
La cappella del Crocifisso
Una ricca ancona barocca ornata di putti e figure di angeli in stucco, con frontone riccamente baroccheggiante, contiene un Crocifisso in legno del XV secolo di buona fattura. La croce policroma in legno di noce presenta le venature del legno ed è bordata da filetti dorati. Al braccio superiore è fissato il cartiglio con dipinta l’iscrizione a lettere capitali “IN/RI”. Il Cristo morto (scultura policroma in legno di salce), dall’anatomia longilinea e sofferta, indossa un perizoma dorato e porta sul capo una corona verde di spine. Davanti all’altare un paliotto in legno di noce dipinto a tempera grassa che il restauro del 2018 ha riportato all’antico splendore barocco.
La cappella del Santissimo Sacramento
La navata di sinistra termina nella Cappella del Santissimo Sacramento. La volta di questa cappella è ornata di affreschi di un certo interesse, opera del fidentino Bernardo Lucchi che li eseguì nel 1657. Nelle vele di volta sono raffigurati quattro Profeti, recanti cartigli con frasi bibliche ispirate all’Eucaristia. Nei costoloni, in medaglione, le quattro virtù cardinali, rappresentate da figure femminili. La pala d’altare è opera di Francesco Lucchi (borghigiano, allievo del pittore cremonese Giovambattista Trotti detto il Malosso) e rappresenta L’Ultima Cena, un grande olio su tela. La rappresentazione è fatta secondo lo schema classico: su sfondo architettonico, si staglia la figura di Gesù, la mano sinistra appoggiata sul tavolo, il volto radioso inclinato verso Pietro e alcuni Apostoli. L’Apostolo Giovanni posa il capo sul petto del Maestro, mentre a destra un altro gruppo di apostoli ammira e discute l’avvenimento. Al di qua del tavolo, come estraniato, Giuda, con la mano sinistra che stringe la borsa. Sulla parete laterale di sinistra, di Andrea Mainardi detto il Chiaveghino, La presentazione di Gesù (datata e firmata dall’Autore: Andreas Mainardus cognomento Chiaveghinus cremonensis faciebat 1600). E’ chiara la presenza della scuola cremonese del tempo, con particolare riferimento alla bottega del Campi. Avvolta in ampi abiti policromi, la Vergine presenta il Bambino Gesù al Tempio, consegnandolo nelle braccia del vecchio Simeone. Vari personaggi riempiono la tela, terminante in una buona architettura di fondo. Interessante il bambino che, seduto per terra, solleva il velo che copre una cesta dalla quale si affacciano due tortore.